Cosa c’è che a tantissimi di noi, si dice troppi, fa amare il calcio, seguirlo, osservarlo, insegnarlo, sovente a dispetto delle sue innumerevoli e innegabili brutture? Questo veicolo bellissimo di acrobazia e raccordi incontro a cui una sola palla, persa o data bene, batte sempre nel segno di una fantasia antica. Come ieri tra pane e cipolla, retorica patriottica, ogni Domenica, nel nostro vecchio mostruoso mondo moderno, sfolgora ancora la poesia della gioventù che suda. Il giovane è sempre una scommessa da vincere. Scovarli è un po’ come raccogliere conchiglie in riva al mare: ne trovi sempre, ogni mareggiata più o meno grande ne porta di nuove, e ciascuno se ne può sbalordire come se fosse la prima volta. E di come un pallone possa trasformare anche i più deboli nella Rocca di Gibilterra. Come quel calcio che nei nostri sogni vorremmo tanto ritornasse a splendere pulito e luminoso. E nel contempo uno scout che insegue il tempo perduto, i suoi sogni sugli spalti, immergendosi nell’effervescenza delle folle domenicali.Nessun pensatore riuscirà ad ignorare questo piccolo scout che sembra incarnare ancora oggi colui che asseconda la nascita delle idee, accomiatandosi dai suoi ragazzi come se stesse per fare la cosa più naturale. Non fu più possibile ignorare l’universo calcistico che si agitava nell’animo dei giovani, complesso quanto quello che si osserva nei cieli. “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta” disse il maestro Socrate.“Inutile che mi stropicci gli occhi: tira il pallone con la stessa facilità con la quale un ragazzino scaglierebbe un sasso nello stagno”. Il pallone continua a viaggiare davanti a lui. Il suono dello stesso che gonfia la rete è il boato della folla. Correndo dietro ad un pallone, dandogli del tu, sentendolo con il piede correre verso un orizzonte di liberazione. Scopre di sentirsi libero, anche se soltanto per quegli attimi. Una parabola in cui piace poterci riconoscere e credere. Le partite non finiscono mai. Le coscienze di classe si sono frantumate in mille rivoli di egocentrismo, individualismo, ricerca del potere; l’unica passione che porta la gente a superare le barriere di censo e di ceto è proprio l’argomento di cui si discute animatamente, disperatamente e parossisticamente il lunedì, dopo la “mannaia” della Domenica. Al bar, sul treno, al lavoro. Dal respiro ora conviviale, ora fraterno nel rapporto calcistico, ora malinconicamente epico nel fluire della memoria. Del resto come è noto lo sport funziona al meglio soprattutto in penna quando riesce a sprigionare il suo grande denso potenziale metaforico. Lo scout e i calciatori, insomma giocano spesso la stessa partita. Il primo secondo le sue possibilità lasciando cantare le cicale, mentre prepara la frecciatina come la punta di un aspide che gli consentirà di infilare la palla, lemme lemme, nell’angolino basso… Adelante!
TIKRIT65