Riparto. Ed è come scrive Kundera:” non c’è niente di più bello dell’istante che precede il viaggio, l’istante in cui l’orizzonte del domani viene a renderci visita e a raccontarci le sue promesse. Sta finendo la stagione secca, sono molti mesi che non piove. Solo deserto che si estende fin oltre l’orizzonte; sembra infinito come l’essere di Parmenide. Il pubblico del campo vicino al piccolo chiosco ci offre una vista, la più gaia e varia di tutta l’umanità, mescolata gomito a gomito. Tutti sono rilassati, annusano il vento, guardando il sole maestoso che tocca la montagna. Il talento è un qualcosa che si osserva da vicino, come se fosse in attesa di una sua distrazione per prenderlo. Ed i ragazzi riuscivano a divertirsi, a pensare al pallone come ad uno sport di crescita, di ingresso della vita adulta. La vecchia scuola di scout ha un approccio intuitivo al calcio, vede o a volte sente qualcosa di speciale. Irrequieti, passionali, a volte distratti, ma curiosi di crescere, di imparare cose nuove per affrontare le sfide che si troveranno davanti ogni giorno. Il calcio è un gioco di squadra, il problema è che per arrivare a saper giocare a calcio ed a essere bravi tecnicamente, è necessario lasciare che sbaglino. L’errore è il motore dell’apprendimento. Sono anche importanti l’accelerazione, la gestione delle scivolate, la percezione degli spazi e la capacità di pensare in anticipo,visione totale, come nel baseball. E come un attaccante in giornata di grazia che fa goal da qualsiasi posizione, provo a giocare sullo slancio. Come si diceva una volta” carta canta”….Adesso è diventato: ho messo il tweet tra i preferiti, ma ci siamo capiti. Sullo slancio. Ci provo. Coefficiente di difficoltà altissimo. Quasi come calciare un angolo e correre il più velocemente possibile in area a colpire di sinistro e insaccare alla destra del portiere. Intanto i numeri che cambiavano, giravano i palloni attorno al piede, e si voltavano a tentare sempre la rete, come si apre e chiude il diaframma per un’istantanea. Il bel calcio non conosce genere: non è né maschile, né femminile. Il risultato è spesso fortunoso, mentre lo stile di gioco no; si sviluppa attraverso il lavoro costante e meticoloso di Mister e giocatori/giocatrici. Il bel calcio non è né vincente, né perdente, ma diverte chi lo guarda, ed accresce chi lo pratica, sia esso maschio o femmina. La filosofia della “lotta” è da accettare senza presunzione, ma anche senza timori, del traguardo che premierà chi è disposto a soffrire per raggiungerlo, dello spirito di fraternità che nasce dallo sforzo comune, dal rispetto dell’avversario che ci rispetta senza paura. Per rimanere al calcio che noi amiamo profondamente, non scopro certo io che nessuno sport propone con altrettante fedeltà la rappresentazione della vita, con i suoi contrasti, i suoi dribbling, le sue sconfitte ed i suoi trionfi. Il football è cultura e salute fisica. Ma non riuscire nel pallone non deve significare una sconfitta. Così come un fallimento a scuola o nel lavoro non vuol dire essere perdenti. Perdere ti aiuta a crescere, a guardare il mondo in un modo nuovo, a verificare come sai reagire alle difficoltà. Confesso di amare il campo erboso dei giocatori di calcio, e la sua geometria di misure bianche segnate col gesso vicino il piccolo chiosco. Vincere è importante, ma è importante anche il modo in cui vinci e in cui giochi. Ma perché bisogna vincere sempre? Perché viviamo in un mondo dove uno vale per quello che vince o guadagna, e non per quello che è realmente. Ma loro non si arrenderanno mai. Io neppure. E’ come scalare il cielo, ora dopo ora, esorcizzando la paura, e giocando a dadi con la speranza…
TIKRIT 65